La storia è un continuo divenire, con il ciclico ritorno di situazioni che sembrano superate, «corsi e ricorsi» di vichiana memoria... Giorni fa, abbiamo riportato alle cronache la parola «Marvenza», un neologismo coniato dal compianto professor Alfonso Crudeli nel lontano ’55, in pieno «clima secessionista». Nel 1859, a seguito delle pressioni separatiste di Avenza e della sua Marina (l’attuale Marina di Carrara), un decreto del Dittatore delle Province Modenesi, Luigi Farini, istituiva il comune di Avenza, decreto mai abrogato. Il comune di Carrara, dunque, è il frutto della fusione di due comuni e su tale base oggi, così come oltre mezzo secolo fa si lottava per quello di Avenza e Marina, alcune forze politiche chiedono la costituzione del «municipio di decentramento per le frazioni di Avenza e Marina». Il termine Marvenza, tuttavia, ha scatenato un fiume di ricordi e di emozioni, soprattutto in chi 55 anni fa visse in prima linea l’esperienza. È il caso del maestro Elmo Piazzi, oggi 86enne, forse l’unico superstite dei fondatori di «Marvenza», un giornale nato per sostenere la causa del «comune di Avenza – Marina», come era scritto nella testata, diretto da Stefano Vatteroni, che uscì nel maggio del ’55, 25 lire la copia. Di tale prezioso reperto, abbiamo trovato alcune copie nella biblioteca dell’Accademia di Belle Arti.
Nell’editoriale del secondo numero, si legge: «Il primo numero di Marvenza ci ha procurato grande conforto: l’adesione e l’incoraggiamento di gente di ogni ceto e tendenza di Avenza e Marina. Un incentivo a perseverare nel compito intrapreso ci è dato dalla avversità di un ristretto ambiente carrarese, che si crede investito di un’autorità paternalistica su tutto il territorio comunale, giovandosi anche di qualche addentellato locale, che però non ha seguito di sorta. Per costoro, noi, con il dibattere il problema del comune, faremmo del “campanilismo fuori tempoâ€. Ma se è lotta di campanile l’azione intrapresa da Marina e Avenza per fondersi in una bella cittadina, noi siamo in piena attualità !». Varrebbe la pena di proseguire… Un’altra perla, ciò nondimeno, la concediamo. Qui si parla di turismo: «Marina ha indiscutibilmente tutte le qualità per divenire una stupenda stazione balneare. Una spiaggia pulita ed ampia, ricca di sabbia … che è la più indicata per quelle cure che tanto fanno bene al corpo (decenni fa a Marina si praticavano le sabbiature, ndr) … un mare lindo di un azzurro intenso ed una magnifica cornice di inconfondibile bellezza. … La natura ha dato … e l’organizzazione comunale avrebbe dovuto concertare il tutto in un armonioso sistema turistico in conformità dei tempi moderni. Nulla è stato fatto … le pensioni e gli alberghi non sorgono e si sviluppano le macchie di sterpi». Leggendo queste frasi, il presente pare accartocciarsi sul passato, un passato del quale Piazzi è un testimone vivente, prezioso e autorevole. Negli anni Cinquanta, infatti, egli fu segretario della potente sezione del Pri di Avenza, che contava 400 iscritti e faceva eleggere ben quattro consiglieri comunali. Lui stesso fu eletto consigliere nel ’56, durante l’amministrazione del sindaco socialista Leo Gestri. Maestro Piazzi, come nacque «Marvenza»? «L’idea balzò alla mente in una notte di mezza estate del ’55, quando era ancora sindaco il repubblicano Gastone Dazzi (fu eletto nel ’51, secondo sindaco repubblicano dopo Enrico Isoppi, ndr). A Carrara c’erano i tram, a est c’era la zona industriale, ma Avenza era trascurata, nonostante le tasse comunali per due terzi provenissero proprio da Avenza e Marina. A me, al professor Alfonso Crudeli, al dottor Carlo Menconi, al capitano Enrico Cordiviola, ad Adriano Dell’Amico detto “Nanin†e altri personaggi che rappresentavano la piccola borghesia del “comunello†(il territorio di Avenza e Marina coincide con l’estensione del “comunello storico†del catasto estense, ndr), venne l’idea di fondare il giornale». Quali erano i vostri scopi? «Marvenza era uno strumento di pressione politica, avevamo un programma concreto. Volevamo il sottopassaggio ferroviario, il risanamento di alcuni quartieri, tra cui l’area della cosiddetta scuderia (zona attigua alla torre, oggi sede di un circolo Endas, ndr), la costruzione del mercato coperto e di alloggi popolari, la riduzione dei fumi pestilenziali provenienti dalla zona industriale. Il sindaco Dazzi ci prese sul serio, perché capì la nostra forza, e nel suo ultimo anno di mandato fece realizzare ciò che noi chiedevamo, dunque il movimento a qualcosa servì. Speravamo che l’azione di Marvenza proseguisse con una nuova amministrazione repubblicana, invece ci fu il “salto della quaglia†dei socialdemocratici e divenne sindaco il socialista Gestri. Il sogno si infranse lì. Gli amministratori vedevano solo i monti e il porto; Avenza veniva saltata, tant’è che commentammo: si sono presi l’arrosto e a noi lasciano il fumo, quello della zona industriale. Pensi che chiamavamo i carrarini “feudatari di Monetaâ€!». Però lei nel frattempo diventò consigliere del Pri… «Certo, e continuai a difendere a spada tratta le ragioni di Marvenza, ma con scarsi risultati, come purtroppo è evidente… Ai miei tempi, Avenza aveva una grande estensione, ma col passare dei decenni è stata deturpata e mutilata di buona parte del suo territorio. Insomma, oggi abbiamo l’Avenza che ci meritiamo, l’Avenza delle rotonde: una meravigliosa forma per continuare a prendere… in giro la gente!». Elmo Piazzi, lucido, arguto e caustico ora più che mai, promette di andare a rovistare nella sua «memoria arrugginita» (in quanti pagherebbero per averne la metà alla soglia dei 90 anni…) per «scrivere un articolo per “La Nazioneâ€, come ai tempi di “Marvenzaâ€Â»: saremo lieti di ospitarlo.
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