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Cultura/Dialetto
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La Via Francigena varcava lo spartiacque appenninico entrando nel mondo mediterraneo non lontano dall'attuale valico della Cisa (o Via di Monte Bardone, dall'antico Mons Longobardorum), e andava verso il mare seguendo il corso del fiume Magra. La Val di Magra è tutt'oggi fulcro di importanti nodi stradali e ferroviari, e ha mantenuto integre le sue bellezze: castelli di diverse forme architettoniche, pievi romaniche, borghi murati ancora ben conservati e ricchi di fascino. Tutta la Valle, compresa fra le province di Massa Carrara e La Spezia, offre riposanti paesaggi con verdi boschi e fiumi dalle limpide acque fino al mare, dove ad un litorale sabbioso a sud si contrappone a nord la costa impervia, frastagliata e suggestiva con borghi medievali, quali Portovenere e Lerici, e gli incantevoli vigneti delle Cinque terre a strapiombo sul mare. Attraversato il passo la strada giungeva a Montelungo dove il Monastero di S. Benedetto, oggi distrutto, offriva ospitalità. Si scendeva quindi a Pontremoli, importante centro della Lunigiana, terra dei Liguri Apuani, dove, nella chiesa di S. Pietro, ancora oggi si conserva il "labirinto", simbolo dei pellegrinaggi diretti in Terra Santa. Oggi Pontremoli è una tranquilla cittadina con numerose emergenze storiche ed architettoniche: palazzi barocchi, chiese, caratteristici ponti sul ghiaioso Magra, e conserva, nel castello del Piagnaro, diverse statue stele o menhir, lastre di pietra o stele funerarie con scolpite sembianze umane stilizzate. La strada giungeva poi a Filattiera, con la pieve romanica di Sorano ancora visibile, e quindi Villafranca, ove si riscuotevano i pedaggi sulla Via Romea. La Francigena costeggiava la Magra e giungeva ad Aulla, quindi entrando in provincia della Spezia a Santo Stefano Magra, di origine antica, che conserva ancora tratti delle mura medioevali: da qui subito si raggiungeva Sarzana. La Via Romea si dirigeva poi verso Luni, città di origini romane, che fu importante porto da cui partivano i marmi per Roma; poco lontano era il porto di S. Maurizio, ove si imbarcavano i pellegrini diretti a Santiago di Compostela. A Luni interessante da visitare sono il Museo archeologico e i resti della città romana: il foro, la casa degli affreschi, l'anfiteatro. Passando poi per Avenza, in prossimità di Carrara, la Via raggiungeva Massa, dove, in località S. Leonardo al Frigido, a pochi chilometri dalle assolate spiagge della riviera apuana, vi era un grande borgo (ancora oggi vi è una chiesa) con un ospedale dei Cavalieri gerosolimitani di S. Giovanni. Imponenti si stagliavano le pareti delle Apuane, famose per le cave di marmo che fornirono anche a Michelangelo i blocchi per le sue opere.
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Storia/Storia di Avenza
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Che ad Avenza funzionasse una marineria locale, si ha notizia fin dal medioevo, ma evidentemente seguì anch'essa le sorti del borgo che conobbe periodi di spopolamento e rinascita. Sotto i Cybo-Malaspina, la popolazione riprese le attività legate al mare, rilanciate quasi sicuramente anche dall'immigrazione di alcune famiglie genovesi dalla riviera di Sestri Levante e Lavagna.Nel XVIII sec, al tempo di Maria Teresa Cybo-Malaspina e sua figlia Maria Beatrice d'Este, si concessero parecchi brevetti di padrone di barca, 121 per la precisione, a marinai locali e di altre località .Fu anche tentata l'escavazione di una darsena fallita per il ritirarsi del mare: faceva parte di un progetto ciclopico di cui la darsena effettivamente scavata era solo la minore delle due ideate; le previsioni del progettista, Ing.Milet, comprendevano un'intera città, Nouvelle Carrare, con tanto di chiese di reggia, ma solo due casamenti (magazzino e corderia ai lati della darsena) furono realizzati. La localizzazione del complesso (oggi scomparso) è possibile confrontando, il catasto di Maria Beatrice all'attuale: il sito è compreso tra Via Nazario Sauro e Via Capitan Fiorillo tra Ruga Maggiani e il prolungamento ideale di Via Varsavia. L'incremento della spiaggia, portò le autorità estensi intorno al 1830 a spostare in avanti la posizione della batteria costiera costruita alla fine del 700 (praticamente dal sito del casamento Fabbricotti la loggia , a quello tra Via Genova e Via del Commercio, sempre sul lato levante dell'attuale piazza Gino Menconi). Ma tornando al tema della navigazione, osserviamo che ai primi dell'ottocento, una serie di vicissitudini (complici gli episodi bellici dell'epoca napoleonica) praticamente azzerarono le capacità marinare avenzine, tanto che nel 1841, quando Domenico fabbricotti dovette reclutare l'equipaggio della goletta S.Andrea, fu costretto a ricorrere a maestranze versiliesi, poichè in loco, coloro che erano capaci di manovrare velieri si contavano sulle dita di una mano. Ma questo episodio rappresenta l'inizio di un era per quello che era ormai un nuovo centro: la Marina di Avenza, che ai primi del Settecento consisteva in qualche magazzino, qualche capanna e la cappella di San Erasmo (protettore dei Naviganti), il tutto sparso su di una duna sabbiosa di recente formazione, ma che intorno al 1840, riprende nuovo vigore con assegnazioni di terreni e dal 1851, con la costruzione del pontile Walton e la quasi contemporanea formazione di una cospicua flottiglia di navicelli. Inizia in pratica la nuova storia di quella che verrà chiamata Marina di Carrara Tratto dal libro "La Marina di Avenza tra Vele e Bandiere" di Pietro Di Pierro
Venerdì 03 Giugno 2011 | 5519 hits | Stampa | PDF | E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
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Storia/Storia di Avenza
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Arme: scudo gotico antico Blasonatura araldica: d'azzurro al crescente montante d'argento. Vale a dire: il campo dello scudo è azzurro con una mezzaluna (che nella terminologia araldica è sempre chiamata "crescente") con i comi rivolti verso l'alto (in araldica l'aggettivo "montante" descrive questa posizione). Il colore bianco e il "metallo" argento coincidono. (Lo stemma è ereditato dall'antica Luni alla quale Avenza era legata fino al 1204. si trova sulla facciata della chiesa parrocchiale di San Pietro. In antico era simbolo di Diana. I colori sono stati ricostruiti "al naturale" e secondo l'uso follone dagli enti pubblici moderni che si rapportano all'eredità storica di Luni). Decorazioni esterne: Lo scudo è accollato nel capo ad una fortezza al naturale mostrante due torrioni e inalberante sulla torretta centrale la bandiera italiana di Carlo Alberto. (La scelta della figura è data dal sigillo del "Governo provvisorio di Avenza" del 1848, quando Avenza si staccò da Carrara, dandosi in protettorato a Carlo Alberto rè di Sardegna, nelle vicende risorgimentali della prima guerra di indipendenza). Il tutto tra due tralci di ulivo e alloro decussati (incrociati) e legati con nastro tricolore. (I rami sono simbolo della cultura materiale della bassa Lunigiana) Al di sotto, su una lista bifida, la scritta latina AVENTIA con due sigilli rossi recanti le insegne dei santi protettori: le chiavi di San Pietro (titolare della chiesa madre) e il Icone di San Marco (patrono del paese). (il nome AVENTIA, dato al fiume oggi detto Carrione è la denominazione latina più antica,
sostituita nel medioevo con Lavenza. I Santi protettori sono stati ereditati dalla tradizione religiosa Lunense). Drappo del gonfalone: Bianco con una cornice così formata: un doppio nastro giallo-rosso con al centro una sequenza di rami di spino fiorito legati da fiocchi rossi. (La scelta è motivata, per il colore, dalla regola araldica di seguire per i drappo il colore della figura, per il disegno, dalla bandiera usata alla fine del XVII secolo dalle imbarcazioni avenzine, data da Alberico II, appunto, bianca con la cornice formata dai colori e dalla figura araldica malaspiniana ma con, al centro, lo stemma dei Cybo Malaspina) In definitiva il gonfalone scelto dalla Circoscrizione comunale n. 4 - AVENZA- è la sintesi di simboli che rappresentano e raccontano la storia di Avenza attraverso i secoli. Disegni e relazione di Pietro di Pierro per conto della Circoscrizione n°4- AVENZA
Venerdì 03 Giugno 2011 | 5210 hits | Stampa | PDF | E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
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Storia/Storia di Avenza
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Durante la prima guerra d'indipendenza le città di Massa e di Carrara, cacciati gli estensi optano per l'unione al Granducato di Toscana, Avenza (e la sua Marina) invece, decidono l'unione al Regno di Sardegna. Si forma un governo provvisorio che, tra le varie competenze, si arroga anche quella di dare bandiera ai bastimenti che fanno capo alla "sezione di Avenza": si tratta del tricolore con stemma sabaudo adottato da Carlo Alberto, ma i governanti provvisori, per distinguerlo da quello con stemma granducale in uso a Massa e a Carrara, con un punto d'orgoglio lo denominano "Bandiera italiana d'Avenza". Non è stato possibile rintracciare l'atto ufficiale, ma che si tratti della nuova bandiera del Regno di Sardegna lo si deduce da una lettera di C. Triscomia in cui parla di "sabaudo vessillo" inalberato dagli avenzini inoltre, dal fatto che viene raffigurato sui timbri sventolante sulla fortezza, assunta a simbolo del Governo Provvisorio, infine va da sè che è sempre opportuno presentarsi ai porti mediterranei coperti da bandiera riconosciuta. Qualche dubbio rimane sul fatto se lo scudo abbia o no il bordo azzurro, si può presumere tuttavia che non Io abbia similmente alla maggior parte della marina mercantile sarda. C'è da dire, infatti, che al contrario di quello delle bandiere di terra, il decreto riguardante le bandiere marittime, non fa menzione del bordo azzurro anzi, le autorità competenti spediscono agli stati esteri disegni in cui non vi è; inoltreva detto che, in ogni caso lo scudo dovrebbe toccare il verde e il rosso lateralmente, ma per motivi di estetica e leggibilità , c'è chi lo stacca di più o di meno, o lo sposta sul verde, o chi mette il bordo azzurro; disordine questo, sanato solo successivamente da una circolare del Cavour nel 1851 con qualche strascico polemico. Dalla rappresentazione sui timbri, nella bandiera di Avenza lo scudo di Savoia è leggermente staccato verso il centro, motivo in più per ritenerlo privo di bordo in quanto, in caso contrario, secondo il Regolamento della Guardia Nazionale avrebbe dovuto toccare i colori laterali. Tratto dal libro "La Marina di Avenza tra Vele e Bandiere" di Pietro Di Pierro
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Storia/Storia di Avenza
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Il primo abitante certo di Avenza è quel "Gherardo de Aventia" che risulta tra i firmatari di un atto del Codice Pelavicino dell'anno 950, for- nendo la notizia indiretta dell'esistenza dell'abitato di Avenza prima ancora che la stessa fonte fornisca quella di Carrara (nel 963) tuttavia le fonti sono scarse prima del XTV secolo. Solo i contratti di locazione degli eredi di Castruccio Castracani alla fine del '300 fanno riferimento a persone che prendevano in affitto le singole parti del palazzo;la qual cosa mostra una certa vitalità del borgo non ancora nella fase acuta della crisi che tra il quattro e il cinquecento lo portò quasi all'estinzione, ma non è sufficiente per un quadro della situazione demografica. Scarse quindi, sono le notizie sulla popolazione del borgo prima del XVI secolo ma qualcosa di più preciso possiamo trarre dagli estimi del XV secolo. Risultano in questi atti 57 proprietari di case in Avenza che evidentemente per ebbe alterne fortune: le troppe guerre, i troppi padroni, la troppa insalubrità e la troppa miseria, non l'aiutarono certo, fatto sta che quando il Principe Alberico I Cybo- Malaspina, ne prese possesso, praticamente era disabitata, e nel primo censimento, per dirla con lo Sforza, di "Avenza non si fa motto", altrove di parla di due sole famiglie ma la sostanza non cambia. Dalle fonti d'archivio sopra citate è tuttavia possibile ricostruire la struttura sommaria dell' abitato che si snodava sulla pubblica via (praticamente un decumano, sulla dirczione levante-ponente della via Romea) con due porte corrispondenti: la "porta mastra" verso Massa e l'altra "quae prope Sarzana". Il borgo si articolava in diversi isolati divisi l'uno dall'altro da un cosiddetto "solco del comune", un vicolo che fungeva anche da scolo delle acque. Purtroppo il fatto che la "prima casa" fosse esente da imposta, non ci da ne in numero esatto delle abitazioni, ne la ricostruzione dei vari isolati che possiamo comunque stimare in sei o sette; forse vi era una via che incro- ciava ortogonalmente la via principale al centro (si parla di una "via della chiesa" e di due case con la "via da due parti"), probabilmente con porte corrispondenti a monte (quella tutt'oggi visibile?) e a mare (si cita una "murata" vicino al cimitero e alla porta). Ma tornando ad Alberico I vediamo che la posizione di Avenza, in (mezzo ad una campagna da sfruttare e vicino ad un mare da cui trarre vantaggio, convinsero il principe ad invogliare la gente delle località viciniori a venire a ripopolare l'antico borgo; fece rifare "le muraglie della terra" come ci narra Guaspar Venturini, e concesse esenzioni dalle tasse, espediente questo usato con successo dai Medici per popolare Livorno. L'incremento della popolazione all'inizio fu minore di quello sperato (Alberico in una lettera si lamenta che erano solo 60 fuochi, ma se così fosse si sarebbe potuto rallegrare, il numero delle famiglie delle varie vicinanze era stato evidentemente gonfiato per far bella figura col destinatario della lettera). L'andamento della popolazione si può così riassumere con una tabella Gli ultimi dati si riferiscono ancora all'intera popolazione parrocchiale comprensiva di Marina che alla metà del secolo contava circa 500ab.circa). Come si vede l'andamento della popolazione non era omogeneo, a causa anche dell' altissima mortalità infantile (che faceva si che il saldo naturale fosse spesso negativo) e della qualità della vita che, nonostante il favorevole regime fiscale, non riusciva a far decollare l'andamento demografico; a cavallo tra il '600 e il '700 ci fu una flessione, ma il trend alla fine fu più che positivo : La bonifica della campagna di ponente, commissionata ali' ingegnere carpigiano Marcantonio Fasi nel 1588, sicuramente contribuì a rendere più abitabile la piana, l'aumento delle spedizioni di marmo via mare, poi, attirò mano d'opera dai paesi vicini, specie nella seconda metà del XVDIII secolo. Ma da dove venne tutta questa gente? I libri parrocchiali dei sacramenti (battesimi, matrimoni, sepolture) ci aiutano a capire i flussi migratori: i cognomi degli avenzini attuali sono come i coloranti dispersi nelle acque per capirne il percorso. Le direttrici principali sono trà: La Liguria prossima, cioè il sarzanese bassa vai di Magra e Vara; il Massose, Mirteto in particolare; infine la riviera genovese di levante, in particolare Lavagna, Sestri Levante e zone viciniori. Tra i cognomi di provenienza sarzanese, dalla Bassa Lunigiana e Val di Vara: Giannetti, Zanetti, Corsi (da Nicola); Corsini e un ramo dei Tognini(Castelnuovo); Ercolini, Genovesi, Redini, Marchini, Moruzzi, e un ramo dei Tosi(Sarzana); Marchi e De Marchi (Ameglia); Borghetti (da Borghetto Vara); Crudeli (da Matarrana). Forte fu l'immigrazione dal Mirteto: Santucci, Del Padrone, Battistini, Giannoni, Franciosi, Bartoloni o Bertoloni, Scavezzoni, Manfredi, Bottari, Pucci, Ricci, Tonazzini, Arrighi, Soldati, Simonini, Sgadò, Magnani, Lazzini, Mosti, Tonarelli, ed anche un ramo dei Monconi. Altri cognomi come Bordigoni e Alibani, sono diffusi nella campagna della destra del Frigido, ma non segnata la provenienza; sono poi reperibili altrettanti cognomi di mortegiani, oggi non più diffusi ad Avenza. Non mancano, anche se in proporzione minore, le immigrazioni da altre vicinanze carraresi: Strenta e Bruschi(da Fontia), Pianini e Pisani (da Moneta), Binelli(da Miseglia), Guadagni (da Bedizzano), Girolmini, Morescalchi e Ragaglini (da Carrara), ma quest'ultimo cognome è presente anche tra i proprietari di Avenza nel XV secolo, segno di una fuga con ritorno delle famiglie. Notevole anche la direttrice migratoria "genovese" dalla riviera di levante:Cordiviola o Cordeviola (da Lavagna, ma anche da Sestri L. e Cavi); Dazzi(da S. Giulia di Centaura); Vatterone o Vatteroni (da S.Bartolomeo della Ginestra e anche da Cavi); Lucetti (da Riva di Sestri); Dentone o Dentoni (da Riva di Sestri); Botti (da Lavagna); Bogazzi (da Sestri L.e da Cavi); Bologna (da Sestri L.); Ravenna (da Cavi); Tosi (da Cavi e dalla Ginestra e un ramo da Sarzana); Galli (da Trigoso); Cucurnia (da Cogorno); Sebastiani (da Chiavari); Olivieri (dalla Ginestra); Vignoli (da Paraggi). Vi sono poi cognomi simili ad altri oggi diffusi come Bogliano (Bugliani) da Sestri, Magino (Maggini) da Lavagna, Bregante (Briganti)da Trigoso (ma presente anche a Bergiola ). Ancora altri cognomi provengono dall'area del golfo di La Spezia : Faggioni (da Cadimare), Manfroni (da La Spezia), Solari (da S.Bartolomeo di Lerici e da Chiavari), Ratti (da S.Terenzo); Altri cognomi sono dati semplicemente come "genovesi" come Costa e Mussi, altri lo sono chiaramente come Sanguineti e Uneti; seguono ancora una decina di cognomi che oggi non sono più diffusi. Scarsa, contrariamente a quel che si potrebbe pensare, l'immigrazione dall'Emilia: Fattori (da Ferrara) e Martinelli (da Modena). Sporadiche sono le presenze versiliesi: Balderi (da Seravezza), Stefanini (da Camaiore). Una domanda viene spontanea: quali sono le famiglie più antiche di Avenza? E' molto difficile stabilirlo, per il tardo inizio dei registri. La presenza di un Monconi "de Aventia" morto a cento anni nel 1650, farebbe pensare che una delle due famiglie che abitavano Avenza al tempo di Alberico fosse proprio quella, ma anche Paglino(o Paglini) compare tra le registrazioni più antiche,come pure il cognome tipico carrarese Campi e quello gragnanino Lombardini, anche Zaccagna appare tra i primi e rimane a lungo. Alcune direttrici migratorio hanno radici antiche, come quella dal circondario lunense, ma anche quella mortegiana (ricordiamo che l'umani- sta Giovan Pietro Avenzino,secondo gli studi di G. Sforza apparteneva ad una famiglia originaria del Mirteto, i Vitali). L'immigrazione genovese ha i precedenti nell'accoglienza di Alberico I ai fuorusciti di questa regione (non a caso troviamo ad Avenza anche un Dazzi "di Carrara" quindi già naturalizzato): era il popolo dei "leuti", le veloci imbarcazioni a vela latina per il piccolo cabotaggio, che arrivava sulla spiaggia di Lavenza e spesso vi rimaneva, come quel Cordeviola "marinaro" di Lavagna il cui mestiere il parroco annotava sul registro sacramentale (il che non avveniva quasi mai).Spesso i "Genovesi" si naturalizzavano, per poter commerciare liberamente il marmo da sudditi cybei. Questi movimenti di popolazione hanno lasciato tracce anche sul dialetto, sensibilmente diverso dal carrarino, come il modo di formare il plurale del femminile, simile a quello della destra Frigido del massose, o alcuni vocaboli ligureggianti, purtroppo non tutti sopravvissuti all'italianizzazione del dialetto. La somiglianza di impostazione col gragnanino, ha fatto pensare che comunque, in origine, vi fosse stata una forte compenetrazione con la popolosa frazione montana. Chiaramente, non tutti i cognomi, hanno avuto seguito "dinastico" nella stessa epoca, alcuni si sono estinti e sono riapparsi in immigrazioni più recenti, ma in questa sede servono per individuare i flussi migratori che hanno contribuito a popolare Avenza. Si rileva che esistono molti cognomi di cui non è possibile risalire all'origine, semplicemente perchè il parroco non la scrisse. La ricerca parte dal 1622 (anno in cui cominciano i registri della parrocchia di S. Pietro) ed arriva fino alla fine del '700,dopo di che il lavoro è reso più difficile perchè pochissime volte viene indicata la provenienza; notevole diventa la mole delle registrazioni relativa ad una popolazione che era in continuo aumento, anche per il formarsi di una consistente gruppo stanziale anche a Marina. In quest'ultima frazione, infatti, andavano man mano affluendo persone dedite sia al lavoro dei campi nelle tenute Del Medico e Monzoni sia ai mestieri legati al mare: su un primo nucleo di avenzini (che non a caso erano spesso di origine genovese, come Vatteroni, Bogazzi etc) si andavano aggiungendo abitanti della piana di Luni. Così ai vari: Monconi, Arrighi, Paglini, Crudeli, Pianini, Strenta etc si affiancano i liguri prossimi Caleo, Telara, Bruzzi, Bassi, Maggiani: la forma- zione della flottiglia da carico porterà versiliesi e toscani in genere(ma anche come commercianti e lavoratori della terra) come Guidi, Cardinali, Paolini, Dini, Tamberi, Poletti, Giuntoli etc. A volte questi cognomi, si diffondevano anche all'interno, insieme ad altri di provenienza tradizionale dal massese come: Venturini, Pantera, Bonetti e Guerra, dall'ortonovese e bassa Val di Magra come Devoti, Andreani, Nardi eVernazza, i carrarini che calavano a valle erano più numerosi che in passato, ma a questo punto non si può più parlare di popolazione castellana: all'unità d'Italia quasi 3500 abitanti erano sparsi per tutta la piana, l'immigrazione avveniva ormai a 360 gradi e da ogni parte d'Italia. Le singole località tendevano a divenire piccole frazioni (in particolare Marina) e la stessa "Chiopata"di Avenza si articolava ormai in tanti rioni. In effetti a ben vedere, all'interno delle mura si contavano, al cessato cata- sto, circa sessanta mappali, praticamente per altrettante famiglie. Già alla metà del settecento risultava ben formato un borgo fuori le mura verso Massa (forse l'antico Borgo Nuovo) e uno oltre il ponte (ma anche a Marina vi era già un piccolo gruppo sparso); all'interno del borgo murato gli spazi si erano saturati formando perfino delle "volte" abitate, sopra ai vicoli e, inoltre, veniva occupato anche il rivellino demolendone una parte. Le attenzioni degli estensi di Modena, sul ducato, avevano prodotto evidentemente i loro effetti, l'incremento dei traffici dei Marmi, la costruzione (sebbene fallita) di grandi opere tra cui il porto alla marina, dettero una scossa al movimento demografico praticamente fermo da un secolo alle 200-280 unità e naturalmente, la popolazione non poteva essere più contenuta dalle anguste mura medievali. Alla fine del secolo, il fossato veniva lottizzato dalla Ducale Camera per costruirvi case e le mura pian piano abbattute, sebbene la fortezza venisse ancora considerata l'unica difesa della popolazione. Nell'ottocento, il borgo incastellato "Castel d'Avenza" non era più riconoscibile facilmente; ad uso edificatorio si demolirono tratti di mura ed una torre in chiasso del Fosso tra il 1822 eil 1823. La strada, fatta passare in mezzo al paese nel 1859, cancellava la porta a Massa (di cui oggi si vede solo un cardine) e, dalla parte opposta, le strutture esterne del Casino ; la demolizione della fortezza fu quindi l'epilogo di una progressiva trasformazione da castello a paese. L'ironia della sorte volle che le pietre della fortezza servissero (oltre che per le costruzioni civili e lavori pubblici a Marina), per le case dei nuovi rioni verso la stazione ferroviaria e delle segherie, simboli di un progresso che sembrava non guardare in faccia a niente e a nessuno. Un diffuso luogo comune definisce Avenza un paese di contadini, ma in realtà la sua popolazione aveva una composizione molto varia. In effetti nel quattrocento si nota una notevole attività legata ai prodotti della campagna come avveniva diffusamente nell'economia medievale ed anche la struttura delle case del borgo sembra assecondare questa peculiarità ; notevole l'attività dei mulini mossi dalla corrente del fiume. Col tempo però i lavori legati al marmo prenderanno sempre più piede tra gli abitanti del castello. Alla metà del sec.XVII, nonostante gli interventi di bonifica, le famiglie di coloni sparse per la campagna circostante, si contavano sulle dita ("tre fuochi fuori di Lavenza"da una nota del 1630). Dai registri parrocchiali risultano abitanti solo al Battilana a Monticello e Cavatela (dalle date delle icone sacre poste sulle case sparse da S.Antonio fino alla Grotta, si deduce che probabilmente erano qualcuna di più ma il dato cambia di poco). Da notare che le case costruite all'interno delle mura, dopo la rinascita albericiana, non avevano ne cantina ne granaio e il piano terra era usato a volte come bottega; solo quelle costruite sul fossato alla fine del settecento avranno un vano seminterrato (o qualcun'altra nei pressi). In realtà gli avenzini proprietari di terra erano pochi, come si legge in un rapporto di metà ottocento: esistevano molti coloni, certamente, al ser- vizio dei grandi proprietari carraresi, dei pochi maggiorenti del paese ed aumenteranno di numero nel '700 e nell'800 tanto da donare alla chiesa l'altare di S. Isidoro Agricola, ma molto alto era anche il numero dei lavoratori del marmo specie dei trasportatori. All'atto dell' unità d'Italia i lavoratori del marmo in Avenza erano 745: 165 addetti ali lizze, 210 addetti a 30 carri, 60 barrocciai, 60 caricatori al ponte, 70 caricatori di spiaggia, 90 segatori e scalpellini e 90 cavatori. Aggiungiamo artigiani, commercianti, professionisti, marittimi, consideriamo donne, bambini e anziani e ci accorgiamo che la contadinanza vera e pro- pria era costituita, in percentuale, da non molte famiglie. Se è vero che il documento è tardo, è altrettanto vero che gli avenzini comunque erano il trait d'union tra le cave e il mare fin dal XV secolo, come ci testimonia la Klapish Zuber . Certo quasi tutti integravano il reddito col lavoro nel campicello, quasi sempre gravato di livello a favore di famiglie carrarine o del monte che nei secoli si erano spartite la proprietà della pianura, ma l'attività agricola era praticata ne' più ne' meno di quanto avvenisse nelle altre vicinanze.
Ricerca di Pietro Di Pierro
Venerdì 03 Giugno 2011 | 6056 hits | Stampa | PDF | E-mail | Dati non corretti? Inviaci la tua segnalazione
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Storia/Storia di Avenza
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"...Una formella quattrocentesca con lo stemma di Avenza (una mezzaluna)" con queste brevi parole la Guida di Carrara di Bizzarri e Giampaoli (1932), descrive l'antica arme scolpita sulla facciata della parrocchiale di S. Pietro. In realtà questo bassorilievo, è testimone di quella lunga pagina di storia che è stata il dominio dei vescovi di Luni; uno dei simboli, insieme al crocifisso ligneo del XII secolo che la tradizione dice trasportato da una chiesa lunense, dell'antica appartenenza del paese, sebbene sia ancora misterioso il loro arrivo. Avenza nel medioevo fa parte del territorio metropolitano di Luni e la chiesa di S. Pietro ne costituisce la più importante chiesa capitolare, erede dell'omonima basilica fuori le mura. Anzi alla fine del XII secolo, il borgo, diventa fulcro di un'azione contrastante la nascente realtà comunale di Carrara: la fondazione di un "borgo nuovo" vicino al mare e all'acqua dell'Avenza, con la quale si cerca di incrementare il "borgo vecchio" per controbilanciare l'espandersi della città marmifera. Anche dopo il 1204, quando la chiesa di S. Pietro è ceduta ai canonici di S. Frediano di Lucca, già detentori di S. Andrea in Carrara ( formando un'unica vicaria), i vescovi promulgheranno tutta una serie di atti tesi ad affermare la loro sovranità sul territorio, continuamente messa in dubbio: importante è la riaffermazione della competenza vescovile sul "pedagium Aventiae". E' significativo poi che il primo statuto di Carrara venga promulgato nel 1235, proprio nella chiesa di Avenza. Il potere vescovile, progressivamente svuotato, termina nel 1313, con l'esautorazione da parte dell'imperatore Enrico VII. Tornando allo stemma e simbolo dell'autorità lunense, deve essere inquadrato in questa serie di eventi storici, piazzato lì a ricordare l'appartenenza del borgo; la sua datazione alla luce di quanto esposto, sembra quindi doversi spostare ad almeno un secolo prima rispetto a quanto asserito da alcuni La sua simbologia ha radici nell'antichità romana, potendo ravvisare una certa somiglianza con "l'emblema di Diana per dirla con Reperti; esso è raffigurato su alcune formelle rinvenute a Luni nel XVIII secolo e riprodotte da V.e P.Vinzoni quali simbolo della Dea Luna protrettrice della "Splendida Civitas". Nel medioevo diventa simbolo della città , del potere dei suoi vescovi e dell'intera diocesi. E' poi recepito negli stemmi di vari Comuni della zona e perfino nell'arme di qualche ramo malaspiniano; appare ancora come simbolo della Lunigiana storica sulle stampe settecentesche e finisce poi in capo agli stemmi delle province di La Spezia e M Carrara. La mezzaluna di Avenza o "crescente montante" secondo la terminologia araldica, ha le punte che tendono a riunirsi e la sfaccettatura su due piani; per il colore in mancanza di notazioni grafiche sarebbe da considerarsi "al naturale": argento in campo azzurro. Si potrebbe osservare che Carrara, già sede vescovile (in Vezzala), con il suo marmo "lunense" ed il porto, è l'erede naturale di Luni e, quindi, potrebbe fregiarsi del suo emblema ma nei secoli questa eventualità non si è mai verificata (nemmeno vi si è pensato nei dotti studi e ricostruzioni più o meno recenti); diciamo che la gelosa affermazione dell'autonomia comunale si è espressa a nche attraverso i simboli (l'unica mezzaluna trovata nel centro storico, è su un capitello abbandonato nei pressi del Duomo di destinazione ignota ed oggi conservato al Museo Civico del Marmo). I simboli, c'è da dire, sono soggetti alle mode; ad esempio nel 1848 quando la frazione di Avenza (con la sua Marina) si erige in Governo provvisorio dandosi in protettorato a Carlo Alberto di Savoia e staccandosi da Carrara, assume come emblema la fortezza su cui sventola il tricolore con lo scudo sabaudo. Detta bandiera è imposta anche alla flottiglia locale, la Bandiera italiana d'Avenza, come è chiamata con orgoglio per distinguerla da quella con stemma lorenese alzata a Carrara e a Massa. I valori risorgimentali avevano pesato in maniera determinante sulla scelta, peccato che pochi anni dopo, il "simbolo" della fortezza, venduto dallo Stato italiano ai demolitori, abbia trovato pochi difensori e toccasse al tedesco Mommsen salvare il salvabile. Oltre un secolo più tardi troviamo ancora la fortezza (ormai ridotta ad un solo torrione) accollata ad un'ancora nella proposta di stemma del mancato comune di "Marvenza". Splendori e miserie dei simboli! Ma l'ottocento è anche il secolo delle riscoperte delle antiche origini: il nome Avenza nei primi del secolo è definitivamente restaurato in luogo del volgare medievale "Lavenza" (nato dalla conglutinazione dell'articolo). Gli storici Gerini e Sforza riordinano le notizie circa gli uomini illustri del piccolo borgo: Giovanni De Rossi (prelato del '500) e Giovan Pietro d'Avenza (umanista del 1400) mentre il Repetti ricorda come il fiume principale che scorre attraverso la città di Carrara e il piccolo borgo, non si chiamasse Carrione ma Avenza (il "Flumen Aventia" della Tabula Peutingeriana) ed infine il canonico Pietro Andrei in un manoscritto ricorda la mezzaluna sulla facciata della chiesa, tra i "monumenti" di Avenza. In seguito anche alcuni privati lo riproduranno come arredo: il proprietario del cinema l'Arena lunense, lo adotta come insegna del proprio locale . Si recupera quindi la "lunensità" di Avenza nell'immaginario collettivo che si manifesta nel detto popolare "Avenza avanzo di Luni" (con vari accenti più o meno polemici). Oggi infine, l'antico stemma trova posto sul dipinto curato dall'Accademia di Belle Arti, nella sala della Circoscrizione n. 4 ad Avenza. A prescindere dal successo dell'opera (ai posteri 1'ardua sentenza), è positivo che i due stemmi di Carrara e di Avenza compaiano accoppiati non più nell'antica contrapposizione tra potere vescovile e libero comune e neppure nella più moderna Carrara accentratrice versus Avenza e Marina autonomiste, ma piuttosto come proposta di una nuova simbologia araldica per la città, che recuperi in qualche modo parte delle sue radici che, proprio Avenza, la più polemica delle sue frazioni, le offre.
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Storia/Storia di Avenza
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E' notorio che la solennita' di San Marco, che ad Avenza si accompagna alla fiera piu' frequentata del comune,affonda le sue radici nell'antichita': sono state molte, in effetti , le festivita' pagane propiziatorie recepite dalla cristianita' e la grande festa di primavera del 25 Aprile e' certo tra quelle. Era la solennita' lunense per eccellenza, tant'e' vero che i vescovi, quando dopo il 1204 dovettero abbandonare Luni per Sarzana, tornavano in processione nella citta' morta ogni anno, proprio il giorno di San Marco, per mantenere il legame con lei e le sue tradizioni,sperando in una sua rinascita. Il culto dell'evangelista e' comune nelle regioni legate all'impero bizantino. Il vescovo Enrico da Fucecchio,ricevuta l'investitura nel 1273, scelse per l'entrata nella diocesi "apud Urbem Veterem" il 25 aprile, che volle celebrare secondo le tradizioni. Alcune fonti,sebbene tarde, parlano anche deel'esistenza di una chiesa in Luni dedicata al Santo. Il borgo di Avenza, legato da secoli alla citta' e alla sua pieve , ne eredito' parte del patrimonio spirituale: il titolare della chiesa e' San Pietro come lo era della basilica lunense fuori le mura, San Marco e' protettore del paese. Le statue marmoree dei due santi, capolavori cinquecenteschi, campeggiano ai lati dell'altare maggiore. lo stamma vescovile con la mezzaluna e' sempre sulla facciata della chiesa. La solennita' di San Marco, ereditata da Luni da tempo immemorabile, e' sempre stata la festa di primavera di maggio successo, basta dire che dal presidio di fortezza veniva distaccata una pattuglia alla fiera per motivi di ordine pubblico (dai ruoli fine 1700). Con l'unita d'Italia le norme sulle fiere e mercati portano ad una ufficializzazione dopo il 1870, come fiera di bestiame. La vendita di maiali e' durata fino agli anni ottanta del XX secolo, soppressa per una epidemia di afta; sopravvive quella del pollame. L'attuale coincidenza della solennita' religiosa con quella della Liberazione non ha fatto altro che rafforzare le tradizioni fondendo l'antico con moderno. Con circa 300 banchi e' la piu' estesa fiera del comune di Carrara, nonche' la piu' frequentata, per la felice stagione. Tipico dessert di San Marco, la torta di riso all'avenzina. ....., dal 1926 gli avenzini il santo protettore l'hanno messo anche nel pallone: forza San Marco>>>>>>> Pietro Di Pierro
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Storia/Storia di Avenza
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Premessa E' certo che le prime notizie scritte di Avenza risalgono al 950 e diven- tano più precise dal 1180, quando il Vescovo di Luni concede la costruzione di un "burgus novus" presso il mare e "l'acqua dell'Avenza"; Infatti il mare (oggi a due chilometri), la lambiva almeno fino alla fine del XIII secolo e, nonostante il progressivo arretramento della spiaggia, fu borgo marittimo fino al XVIII secolo e il fiume, oggi chiamato Carrione aveva la stessa denominazione del paese. Occorre in ogni caso rimarcare che il toponimo appare nella "Tabula peutingeriana" (copia medievale di una carta stradale tardo romana) come F (lumen) AVENTIA, sebbene mal localizzato . Purtroppo son pochi gli elementi a disposizione per stabilire la consistenza dell'abitato in epoca romana, anche se abbiamo la certezza di un insediamento in loco, in quanto nel sec. XVIII furono trovati un sepolcro romano ed altri frammenti coevi. La storia di Avenza è comunque legata per secoli alla città romana di Luni (oggi in Liguria per poche centinaia di metri), facendo parte integrante del suo territorio metropolitano per gran parte del medioevo, fino a quando il vescovo dell'antica città ormai abbandonata, ne cedette le competenze ecclesiastiche ai canonici di S.Frediano in Lucca (1204) legandone definitivamente le sorti a Carrara, già sotto la giurisdizione di questi ultimi. Ma in questa sede interessa approfondire la parte più antica ed inesplorata della storia di Avenza le origini del toponimo. Le Ipotesi sull'origine del toponimo. Fin dalla romanità il nome del torrente era "Aventia" e perciò (sebbene non tutti gli studiosi siano d'accordo) dovrebbe essere stato il corso d'acqua a dare il nome al paese che, nei secoli, con l'uso dell'articolo nella lingua volgare, era stato modificato in Lavenza fino ai primi anni dell'ottocento. Abbandoniamo senz'altro l'ipotesi sostenuta dal Gerini (anche se entrato nell'immaginario collettivo) che attribuisce la derivazione da "avanzo di Luni"; sebbene in un certo senso il borgo sia effettivamente ciò che avanza della città scomparsa, avendone ereditato lo stemma (la mezzaluna) i Santi Protettori (S. Pietro e S. Marco) e, forse, il crocefisso ligneo della chiesa par- rocchiale; ogni leggenda ha un fondo di verità , ma nel nostro caso non ci spiega affatto l'origine del nome vista, tra l'altro, la modernità della parola 'avanzo'. Alcuni storici, in primis C.Piccioli (in "Terra Nostra" 1957) e Borgioli-Gemignani (in: "Carrara e la sua gente"), hanno postulato la derivazione del toponimo da Avenza , "al fiume", facendo notare la corrispondenza con la denominazione di altri corsi d'acqua: L'Enza, nell'Appennino Emiliano e Livenza, nel Veneto; forme pre-romane poi latinizzate. Di diverso parere è C.A. Del Giudice nel saggio "Toponimi prediali in territorio carrarese" (1982-atti e mem. della Dep.di storia patria p.p.m. serie XI, voi. IV) che così si esprime : Il toponimo ha origine dal gentilizio "Aventius", Sch 361, fissandosi in forma primitiva(...) per l'origine fondiaria da noi postulata v.anche M.Calzolari. La piana modenese nell'età romana(...) per un "fundo Aventiaco" in territorio di Massa Finalese". L'erudita formulazione è senz'altro degna di attenzione ed, inoltre, è di estremo interesse, in detta pubblicazione, la messa a fuoco della divisione operata dai dominatori romani sulle campagne apuane con l'assegnazione a vari coloni dei cui nomi (gentilizi o personali) la toponomastica avenzina porta ancora il segno: Turigliano, dal gent."Turrilius", Galissano, dal gent. "Gaiaesus", Nazzano, dal pers."Nattius", il più evidente Campo d'Appio, lo scomparso Spegnano, dal gent. "Spennius", Porto Cacho da "Cachus" e, infine, Avenza da "Aventius". Tuttavia non è qui considerato il fatto che il più antico documento disponibile sul toponimo, la romana "tabula peutingeriana", denomina con Aventia un fiume e sembra strano che sia stato un fondo prediale alla sua foce a dar- gli il nome; fondo importante si, ma non più di tanto, considerato che va tolta una fascia di quasi due chilometri allora occupata dal mare, nonchè i ritagli nella piana medesima, che l'autore stesso attribuisce ad altri fondi, attraversati in gran parte dallo stesso corso d'acqua. Un ponte o un guado della strada romana dunque, denominato come il fondo, ha dato il nome al torrente? Forse. Comunque altri idronimi di origine prediale sono postulati da Del Giudice: Parmignola,(che rettificato artificialmente, divide dal 1672 il carrarese dal "Genovesato") dal gentil. "Parminius"; Valenza (affluente di destra presso Fossola) da "Valentius". Ma vediamo ora cosa ci propone Gualtiero Ciola ("Noi Celti e Longobardi"ed .Elvetia 1988). L'autore riporta, in una serie di toponimi italiani di origine celtica, Avenza derivato da "Auntos"=fonte o dalla tribù gallica degli Auantici, citando un altro autore (F.Campanile "I Celti in Italia"1981); con la serie di nomi si pro- pone tra l'altro, di dimostrare l'avvenuta compenetrazione celto-ligure all'arrivo dei romani nel nord d'Italia. Viene evidenziata poi la derivazione dal celtico "avon"=fiume, di alcuni idronimi veneti come Piave e Piavon, senza tuttavia metterla in relazione con nessun fiume della nostra zona. Dati interessanti comunque da acquisi- re per la soluzione del problema, sebbene con le dovute cautele: da notare infatti in questo testo la tendenza a vedere celti e longobardi un po' dovun- que, secondo una recente tendenza che sembra reagire a quella classica della cultura italiana, che predilige invece la latinità. A questo punto l'ipotesi sull'origine fluviale del nome acquista più sostenitori. Ma analizziamo ora un contributo pressochè sconosciuto, ma basilare, per lo studio in questione: Ci viene dalla Svizzera, dal cantone Vaud, dove esiste una città, Avenches, capitale dell'antica Helvetia, (in patois, Aventsu), da cui possiamo avere importanti indicazioni. La Città era conosciuta dai romani come Aventicum e trae origine da un'antica divinità eponima "Aventia". Il Museo Romano della città elvetica ha, molto gentilmente, fornito copie di pubblicazioni di studi compiuti sull'argomento: si tratta della "Revue celti- que"(1930) integrata dal "Bulletin de PAssociation PRO AVENTIC0"(1951), documenti preziosissimi che ci aiutano a penetrare il misterioso mondo pre romano. Nella prima pubblicazione, in un articolo di Paul Aebisher, si studia la comune origine del nome dell'antica città di Avenches e di un'altra "Aventicum" nel viciniore cantone di Friburgo, oggi "en Lavenchoz" ma precedentemente chiamata Avanche-Avenchoz (da notare la conglutinazione della "L"iniziale , come fu anche nella nostra Avenza). Ne esce innanzitutto la sacralità del nome: AVENTIA era una delle divinità protettrici di Avenches (tre iscrizioni romane, sono conservate nel museo della città ed un'altra è stata scoperta nelle fondamenta della vicina abbazia di Payerne) e si identificava con le acque di una vicina sorgente che bagnavano la città ; quindi un culto pre romano accettato dai vincitori. Lo studio prosegue proponendo un'interessante serie di idronimi in cui "1' Avenza toscane" ha il primo posto, seguita da un incredibile numero di corsi d'acqua dal nome simile che qui si riportano per la notevole importanza documentale: Avencon o Avancon, nome portato da due affluenti del Rodano e un torrente del Vallese; Evancon,torrente della Val d'Aosta; Avance (anticamente Avanza), un affluente della Durance (Hautes- Alpes); un'altra Avance si perde nella Garonna; e ancora l'Avance (o La Vence) da il nome a Avancon (Hautes-Alpes). Vence (antic.Avensa e Avencia), un affluente della Berre (Drome). Avancon, un ruscello che si getta nella Saone; Avenchet, un affluente del Rodano; Nant d'Avencet, ugualmente; Avancon, è anche il nome di due villaggi (Ardenne e Deux Sevres) che lo devono a due corsi d'acqua di cui si è perso oggi il nome originario. Vanzone centro principale della Vall'Anzasca; Aveni-o(n), antico nome di un fiume britannico (secondo Holdez); Aventino, fiume abruzzese. Il lungo elenco di corsi d'acqua o luoghi che da essi hanno preso il nome (sia attuali che antichi), fa scartare all'autore le diverse ipotesi avanzate circa l'origine del toponimo, cioè: -Aventos=giusto (dal gotico "eunt" e il bretone"eeunt"), per cui Aventia =giustizia (Dottin); - =Fauna,(secondo Steuding); - "Av" radice che si trova in sanscrito e significa "mettere in movimento",(afferma Philippon sulla base di forme più antiche di Aventicum, citan- do proprio "P Avenza ligure" e l'Aventino abruzzese); - infine Aventos=piccolo uccello (Hubshmiedt). Aebischer, preferisce vedere la radice -av- nella versione che altri studiosi (Walde e Pokorny) hanno catalogato in Avo-s =Avo, progenitore, riscontrabi- le in molti derivati neoceltici, risalenti a "awintro"o "awentro", perciò: AVENTIA = PICCOLA AVA. Quindi le antiche popolazioni vedevano la sorgente come una piccola vec- chia nonna; cioè verosimile se si considera tutta una serie di corsi d'acqua risale anche a "matra", matrona, cioè "madre" (l'assonanza con la nostra "Macra" è interessante). Il fiume, l'acqua che scorre, dunque, è la grande madre, colei che da vita. In verità gli estensori del "Bulletin" non mostrano dare all'analisi dell'Aebischer più rilievo che agli altri studiosi (molti da lui stesso citati). Rimandano a questo proposito all'opera di un altro ricercatore, Albert Dauzat, che ha analizzato altri idronimi: Avon, Avelon, Avenelles, Aveyron etc., e si mostra abbastanza cauto sulle affermazioni di Aebischer. Non si può però non essere affascinati dalla logica del postulato. Possiamo concludere chiedendoci se sia azzardato applicare gli studi elvetici alla Lunigiana. Innanzi tutto è da notare che sono proprio gli studiosi svizzeri, a citare la nostra Avenza in più parti, quindi gli studi sopra esposti vanno sicuramente elencati tra quelli che ci interessano. Inoltre, come rimarca il "Bulletin", in gran parte degli esempi si tratta di nomi Liguri la cui origine è molto più antica dell'ingresso dei Galli, quindi, siamo di fronte alla stessa area etnica. Sebbene si tratti ancora di ipotesi, i dati acquisiti mettono ormai a fuoco un punto chiaro di riferimento: la sacralità del nome in relazione all'identità tra l'acqua e la divinità come donatrice di vita, quindi, la dea Aventia è la madre di tutta la plaga. Ricordiamo che l'identificare la natura (fiumi e montagne) con gli dei era tutt'altro che raro presso le antiche popolazioni. Se, a differenza della Svizzera, da noi nulla è rimasto della memoria del culto, è pur vero che la mano romana contro i liguri-apuani fu pesante: deportazione e loro sostituzione con migliala di coloni romani, centuriazio- ne delle campagne, sradicamento dell'antica cultura e introduzione di culti ellenico-romani, in particolare quelli di Artemide (Luna-Diana), di Bacco (Liber) e di ercole. Ma gli studi dei nostri vicini, ci devono guidare ad un'altra impostazione: cioè analizzare come la toponomastica possa filtrare attraverso più popoli, liguri, celti, romani, allargando i nostri orizzonti comparando le diverse civiltà che si sono compenetrate nei secoli. Un'ultima conclusione: il Repetti nel suo Dizionario Geografico della Toscana (1845), chiama ancora Avenza il fiume per tutto il suo corso, considerando la voce "Carrione"(volgarmente detto) impropria, quindi, perchè non riproporre il nome originario, almeno come seconda denominazione? Nella vicina Montignoso si tende impropriamente a chiamare il fosso Cinquale (emissario del lago di Porta) col nome Versilia (che invece ne è l'immissario deviatevi artificialmente) e ciò per evidenti motivi di immagine turistica. Nel nostro caso la denominazione proposta avrebbe basi storiche ben più salde nonchè un'origine più antica e (forse) più nobile. Auguriamoci, inol- tre, che la bellezza dell'ambiente fluviale non venga brutalizzato da inter- venti inopportuni ma, al contrario, valorizzato. NOTE 1) Un certo "Gherardo de Aventia "compare tra i firmatari di un atto; per questa notizia e la seguente, ved."Regesto del Codice Pelavicino"di M.Lupo-Gentile, Genova 1912. 2) Nella tabula peutingeriana, la denominazione "Aventia" è data ali' Amo, quella di "Macra"al Serchio. 3) La nota riportata è di L.Banti in "Luni", Firenze, 1937. 4) Ved. T.Mannoni e A.Bemieri, "II porto di Carrara" prima parte. 5) ... Ma anche in altre nazioni. Che dire della Germania dove per la città di Coblenza si contrappone il latino "cum-fluentia" a "koblenz "(forca del fiume) cioè la stessa cosa in celtico? La notizia mi è stata fornita da uno studente tedesco in visita al Museo del Marmo Testi di Pietro di Pierro
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Storia/Storia di Avenza
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QUANDO AVENZA VOLLE IL PIEMONTE Il tentativo separatista dopo la cacciata degli estensi e dei gabellieri del dazio L'intensa giornata inaugurale di studio dell'Aruntica apertasi con la dotta prolusione di Loris J. Bononi priore dell'Accademia degli Imperfetti di Fivizzano e proseguita con la gustosa relazione su Danese Cattaneo del presidente dell'Accademia dei Rinnovati di Massa Duino Ceschi, Giovanni Fantoni, Labindo, di cui abbiamo succintamente riferito, ha annoverato numerosi altri interventi. Gli aspetti delle attività artigiane e industriali a Massa e a Carrara dal 1300 al 1500, sono stati evidenziati dal presidente della Deputazione di Storia Patria Paolo Pelù. Importanza notevole in particolare ebbero la lavorazione del ferro a Pomo e a Carrara l'industria marmifera con seguenti traffici e avvicinamenti anche culturali con altre città tra cui Prato. Le controversie, davvero poco note, che per quasi un ventennio avevano accompagnato i progetti ferroviari sotto i Duchi di Modena sono state messe in luce da Marcello Bernieri. Tra insurrezioni popolari e il sogno di un collegamento a monte tra le due città col traforo della Foce, la complessa vicenda si chiude con la inaugurazione nel 1862 del tronco com' è attualmente, con conseguente creazione del tratto Avenza-Carrara e della stazione di San Martino il cui nome ricorda la battaglia risorgimentale che vide l'eroismo di Domenico Cucchiari attivo protagonista di questa realizzazione. Cesare Piccioli ha illustrato con competenza i caratteri della vita culturale del primo novecento: la funzione vitalizzante del Ceccardi sul manipolo della Repubblica d'Apua di cui facevano parte poeti, artisti, politici dell'area versiliese (Ungaretti,Pea, Viani, Nomellini), lunigianese (De Ambris, Formentini) e carrarese (Vico Fiaschi, Caro), nonchè i vivaci rapporti del poeta ortonovese, col gruppo fiorentino di Papini e con D'Annunzio. Una stimolante domanda: Perchè il flusso vivificante della cultura ispirata da Ceccardo Roccatagliata Ceccardi si radiò in seguito in Versilia (si pensi al famoso quarto platano del Forte. e in Lunigiana, mentre venne meno a Carrara? A un episodio poco noto della storiografia locale mettendo in risalto la pace del 1353 che ebbe risonanza nazionale e legittimò la presenza della signoria milanese in Carrara e Avenza. Il tentativo separatista del 1848 di Avenza dopo la cacciata degli Estensi è stato illustrato da Maurizio Munda. Conscia della sua importanza strategica ed economica come scalo dei marmi, forse istigata da emissari liguri, Avenza si ribellò a Carrara che con Massa aveva chiesto l'annessione alla Toscana, e cacciati i gabellieri del dazio tentò invano di unirsi al Piemonte. L'attento recupero dei detti dialettali riferiti a episodi storici costituisce un'operazione di archeologia linguistica ristabilendo la perduta connessione degli stessi coi fatti che li hanno originati o a cui sono stati applicati. Un esame rigoroso di essi con metodologie socio linguistiche permette inoltre un'approfondita conoscenza della cultura popolare e interessanti verifiche di documenti e teorie storiche. Questo l'intervento di Rosa Maria Galleni Pellegrini. Corrado Lattanzi ha relazionato sull'attività degli architetti-scultori carraresi nei secoli 1600 -1700. Grande è il salto di qualità dell'artista locale grazie al mecenatismo dei Cybo Malaspina che favoriscono l'incre-mento culturale e sociale. Da Carrara emigrano valenti scultori che riescono a farsi apprezzare anche nella Firenze granducale (i Tacca), a Lanmarco Laquidara, presentando un raro documento, lo studio del Milani, sull'igiene sociale in Carrara alla fine dell'800, ha evidenziato la stretta relazione e interdipendenza tra medicina e società . La precaria situazione economico-sociale della popolazione di allora ebbe pesanti risvolti sulla salute pubblica , (grande l'incidenza di traumi anche mortali e di malattie dovute a carenze alimentari e professionali, cui si aggiunsero consumi di vino da Guinness dei primati) e costituì una delle cause dei fatti del '94. Giuseppe Borgioli ha tracciato un singolare parallelismo tra la complessa figura di Romolo Murri e quella di Alfredo Bizzarri. cattolico liberale, insegnante e giornalista. Aretino di nascita, carrarese d'adozione, nei primi del novecento organizzò e diresse il Circolo di San Ceccardo, una delle tante organizzazioni cattoliche sorte in Italia in seguito alla famosa enciclica di Leone XIII, da cui poi emerse il quadro dirigente locale del partito popolare. Poi la lettura affidata alla voce suadente di Giuliana Bianchi, di alcune liriche di Francesco Dolci, membro della rinata Aruntica
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Storia/Storia di Avenza
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Oltrepassato il ponte sul torrente Carrione (il Flumen Aventia della "Tabula Peutingeriana") il torrione della fortezza di Avenza,attribuita a Castruccio Castracani, ma ampliata successivamente,accoglie i visitatori dell'antico borgo citato anche dal Petrarca di ritorno da Avignone. Era punto strategico e passaggio obbligato per chi percorreva l'itinerario costiero tirrenico. E' ancora riconoscibile il tracciato delle antiche mure grazie a una torre d'angolo, accanto alla casa castellana, e la porta del borgo murata incuneato nelle palazzine settecentesche innalzate sul fossato. La chiesa di San Pietro, anche se l'impianto risale al XVII secolo, e' una delle piu' antiche del comune di Carrara. lo stemma dei Vescovi di Luni indica, in facciata, l'antica appartenenza. Presso di essa esisteva l'ospitale di Sant'Antonio che si ritiene fondato dagli abati di Sant'Antonio di Vienne nel Delfinato. Qui' un ospedaliere dava soccorso ai pellegrini, agli infermi bisognosi e raccoglieva i trovatelli lasciati sulla strada. All'interno, sullo stipite del portale della chiesa medievale oggi murato in un pilastro dell'orchestra, sono ancora visibili le tracce dei pellegrini: dei graffiti con monogramma di Cristo.
La chiesa conserva un prezioso crocefisso tardo medievale che la tradizione dice provenire da Luni. E' considerato miracoloso.I viandanti beneficiati chiedevano si cantasse il Te Deum al suo cospetto. Un tempo esisteva la "confraternita del Crocefisso" per l'assistenza ai devoti. Dell'antica chiesa si conservano un'icona marmorea gotica della Madonna con Bambino, un tabernacolo, sempre gotico, nel battistero e una lunetta in marmo con Cristo risorto tra gli angeli(sec.XV) sull'ingresso del cortile della canonica. Interessanti le stratificazioni cinquecentesche all'interno: oltre al fonte battasimale e a una acquasantiera, una serie di sculture erratiche attribuite alla bottega postuma di Bartolomeo Ordonez (Pietro Aprile, Giovanni da Fiesole, Girolamo Santacroce) destinate alla Spagna e rimaste allo scalo di imbarco: S.Pietro, S.Marco, S.Antonio Abate, Madonna con Bambino oltre a due nicchie a conchiglia con figure della Speranza e della Carita' (sul portale). Il San Francesco in una delle due nicchie e' copia moderna. Pregevoli anche gli arredi barocchi: il pulpito, l'altare maggiore, del Crocifisso e di S.Antonio (modificato nel 1932) Le navate laterali sono frutto di un allargamento avvenuto nell'ottocento a spese dell'Ospedale e della Canonica.Sono dell'epoca gli altari neoclassici delle absidi laterali ed una figura femminile in bassorilievo di una sepoltura; ottocentesco anche l'organo (Serafino Paoli da Empoli 1852) e il concorto a tre campane (1869-1870).Alcuni interventi discutibili di ristrutturazione avvennero tra le due guerre con la collocazione di statue di legno gardenesi nell'altare dell'Addolorata e di S.Antonio (e con rimozione della pala dei SS Antonio ed Erasmo, oggi esposta nel transetto) Nel maggio 1944, un bombardamento danneggio' gravemente l'edificio. Del periodo della ricostruzione sono le pitture sulle volte di dante Antoni, e l'ancona del purgatorio di Ettore Paganini >>>>>> Pietro Di Pierro
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